si addormenta, si toglie il pigiama e si veste come ha deciso nel pomeriggio, con il vestito giallo con la scollatura profonda. Dà un ultimo sguardo alla sorellina che dorme, prima di richiudere piano la porta e addentrarsi nella notte calda. A tarda sera il resort è deserto – una pila di sdraio alta quasi due metri, l’odore fertile di argilla bagnata che si sprigiona dai campi da tennis, tutto buio a parte la luce fioca delle lanterne lungo i sentieri di ghiaia. Anche l’acqua è diversa. L’oceano è lucido e nero come petrolio, la piscina risplende di un verde spettrale. Ogni superficie emana il riverbero della sua stessa tensione nervosa.
Sente i suoni distanti del chiacchiericcio e dell’allegria al bar dell’hotel. Sono così soddisfatti dei loro Margarita e Marley. Vede Connecticut seduto al bar, si guarda intorno di continuo nella speranza di vederla arrivare. Sente le sue labbra sul collo, asciutte e delicate come pietre calde. Vede i suoi occhi azzurri sotto le ciglia folte. Poi scaccia quel pensiero. C’era da aspettarselo, un desiderio residuale, una voglia indolente.
Cosa chiede a questa serata? Non sa dirlo con certezza. Sa solo che vuole farsi trascinare da quegli uomini dove non è mai stata, oltre i confini rassicuranti della sua vita. Sta aspettando nel parcheggio da pochi minuti quando la macchina color melanzana si ferma.
“Guarda un po’ chi ha deciso di onorarci della sua presenza!” esclama Edwin.
“È stata un’ardua scelta. In albergo la sera ci si diverte da morire.”
Monta sul sedile posteriore. La macchina è impregnata di puzza di sudore mista a deodorante per ambienti. I sedili sono rivestiti, e il tessuto è rattoppato con del nastro adesivo nei punti in cui si è strappato rivelando la spugna color carne. Alison si proietta sul letto nel dormitorio, sta già confessando a Nika: “Poi sono uscita di nascosto con loro e siamo andati in un postaccio fantastico.” Le piace da matti la prospettiva di fare qualcosa che forse non dovrebbe fare, con degli uomini che un po’ la intimoriscono. Nella vita è tutta questione di progresso: uomini fatti al posto di ragazzini, una notte di follie mai vissuta prima; chi più ne ha più ne metta. Con il pensiero, invia a Drew la scena di lei seduta in macchina con questi due. Lui si preoccupa, e di fronte alla sua preoccupazione lei va in estasi e lo desidera come non mai. Ma l’emozione ha vita breve, scalzata dalla pena che prova per lui. Se lo è lasciato alle spalle, tanto che ormai non è altro che un bel ricordo. E poi, che cosa potrebbe succederle su un’isola microscopica dove si conoscono tutti?
“Come si chiama il locale dove stiamo andando?” domanda.
“Da Paulette,” risponde Edwin. “Se vuoi ballare è il posto giusto.”
“E tu balli, Clive?” chiede scherzosamente.
Edwin mette una mano sulla testa di Clive e gliela accarezza. “Gogo è un ballerino eccezionale. Aspetta di vedere i suoi passetti. Dico bene, amico?”
Clive si volta verso di lei e assume un’espressione che ricorda un sorriso, ma non lo è.
Paulette è più che altro una baracca, a dire il vero, gli esterni sono decorati con lucine di Natale arancioni. All’interno il pavimento di assi di legno è cosparso di segatura, e le casse sputacchiano musica stridula, c’è puzza di sudore e alcool, un vecchio cane che fiuta avanzi in giro. Ci saranno una ventina di persone, qualcuno balla ma perlopiù si chiacchiera. Alison intravede una donna che le ricorda una cameriera del ristorante del resort, non ne è sicura – che ci può fare se per lei le persone di colore si assomigliano tutte; è imbarazzante ma non è mica colpa sua se è cresciuta in un posto abitato da bianchi e ha avuto solo amici bianchi e ha scopato solo con uomini bianchi? Con tre di loro, almeno.
Nessuno sembra sorpreso di vederla con Edwin e Clive. Le viene in mente che forse non è la prima ospite del resort che portano qui, ma si illudeva di esserlo? Certo che no. Non è mica stupida.
“Prendo da bere,” annuncia Edwin. “Tu tieni compagnia a Goges.”
Resta ferma con Clive ai margini della pista, che non è una vera pista da ballo ma una zona delimitata da un cavo elettrico giallo. Gli sorride e lui accenna un sorriso imbarazzato.
“Ci venite spesso qui?” urla sul frastuono.
“Abbastanza spesso, signorina.”
“Non devi chiamarmi ‘signorina’, sai.”
“Mi dispiace, s…” Abbassa lo sguardo, e scuote la testa.
“È tutto ok. Sul serio.”
Lui scruta la pista da ballo, come rapito da uno spettacolo avvincente. Lei ha capito che sta solo cercando