in seguito a immersione in acqua. Non è possibile determinare se la modalità del decesso sia stata accidentale, intenzionale o forzata.
Dichiarazione alla Stampa, Prentice Carter, Capo della Polizia, 10 aprile 1996:
Il Regio Corpo di Polizia è cosciente del forte interesse mondiale suscitato dalle indagini sulla morte dell’adolescente Alison Thomas, avvenuta il 3 gennaio sulla nostra isola. Le indagini sono state condotte con estrema serietà e meticolosità, attingendo a tutte le risorse del nostro dipartimento e in stretta collaborazione con il Federal Bureau of Investigation. Il dipartimento ha sottoposto a interrogatorio più di cento testimoni. Al momento, mi è possibile dire che la notte del decesso diversi testimoni hanno visto Alison Thomas da Paulette, locale sito al 24 di Underhill Road, dove, sempre secondo le testimonianze, la ragazza appariva in evidente stato di ebbrezza, come confermato dall’esame tossicologico. Gli avventori affermano inoltre che la ragazza indossava una maglietta trasparente e ballava in modo provocante con diversi clienti. Uno dei baristi ha ammesso di aver servito a Thomas almeno quattro drink, compreso un bicchierino di vodka alla cannabis. Secondo la deposizione di oltre dieci astanti, la signorina Thomas era stata vista scatenarsi anche nelle serate precedenti al decesso. Il nostro dipartimento ha fatto tutto il possibile per seguire ogni pista relativa a questo caso. I sospettati Edwin Hastie e Clive Richardson sono stati scagionati da tutte le accuse; al momento, il signor Richardson sta scontando una pena di novanta giorni per possesso di droghe. A oggi, non ci sono altri sospettati; pertanto, in mancanza di prove sufficienti a confermare che Alison Thomas sia deceduta in seguito a un crimine violento, le indagini sono sospese.
Dichiarazione alla Stampa, diffusione immediata, 11 aprile 1996:
Noi, genitori di Alison Thomas, respingiamo nel modo più assoluto le dichiarazioni del Capo della Polizia Carter e del Regio Corpo di Polizia di Saint X. In questo momento, chiediamo a chiunque sia in possesso di informazioni circa la morte di nostra figlia di farsi avanti affinché il caso venga giustamente riaperto. Non avremo pace finché i responsabili della morte di nostra figlia non saranno trovati e puniti con il massimo della pena previsto dalla legge.
Vorremmo concludere con un messaggio per gli altri genitori. Per favore, stasera stringete un po’ più forte i vostri figli. Preghiamo perché quello che è successo alla nostra bellissima bambina non succeda più a nessun’altra ragazza.
La bellissima bambina ormai era morta. E chi era la bambina che le era sopravvissuta?
La sera dopo andai al Little Sweet sotto una pioggerellina gelida. Come al solito mi appostai sotto il tendone del supermercato e come al solito spiai Clive Richardson seduto al solito tavolo, che ripeteva le azioni di sempre.
Dopo qualche minuto, lo vidi spingere indietro la sedia, avvicinare il vassoio alla spazzatura e ripulire il piatto dagli avanzi. Ma stavolta non scappai subito. Anzi, quando fece per avvicinarsi alla porta, abbassai l’ombrello, nascondendomi. Rimasi immobile finché non lo vidi uscire dal ristorante, arrivare in fondo all’isolato e girare l’angolo. Poi iniziai a seguirlo.
Mi tenni a distanza di sicurezza, costeggiando le ombre proiettate dai tendoni dei negozi, stringendo l’ombrello con le mani livide, pronta a nascondere il viso semmai si fosse voltato. Proseguì a nord della Nostrand, superando le insegne di negozi che nei mesi a venire avrei imparato a memoria: Farmacia. US pollo fritto e pizza. Forno Immaculee. Red Apple Nails. Winthrop ferramenta. Rallentai il passo, lasciando che la distanza tra noi aumentasse. KBB Spedizioni. Beulah Chiesa di Dio. Pedinai Clive sulle strade odorose di pioggia per più di un’ora, mentre girava a destra, a sinistra, di nuovo a destra, senza una meta precisa, almeno da quello che potevo intuire. Alla fine, si inoltrò in una zona residenziale poco lontana da dove eravamo partiti, un susseguirsi di isolati fatti di caseggiati di media altezza e scale antincendio che disegnavano un motivo zigzagante sulle pareti di mattoni color sabbia. Arrivato al centro di uno degli isolati, Clive girò e salì le scale di un edificio identico a tutti gli altri. Frugò nella tasca della giacca a vento e tirò fuori le chiavi. Armeggiò un po’ con la serratura.
Non avevo pianificato la mossa successiva. Non mi ero neanche resa conto di quello che stavo per fare finché non lo feci, finché quel grido – “Gogo!” – non mi uscì dalle labbra e mi travolse come un’eco riverberata dai mattoni bagnati e dal debole vento della sera.
Nell’istante in cui Clive Richardson si voltò, riparai all’ombra di un platano.
“Chi sei?” gridò. La strada era deserta, silenziosa. “Chi ha parlato?” Era immobile sull’uscio. “Lasciami